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Migranti. Una preghiera alla vita dopo aver toccato la morte

Scritto da Maris Davis.

Donne e bambini fuggiti dall'Eritrea raccolti in mare dalla Ong Proactiva Open Arms ringraziano il cielo e noi, a nostra volta, ringraziamo i volontari per averli salvati.

Migranti. Una preghiera alla vita dopo aver toccato la morte

Sono vivi, ma potevano essere morti. Chi fugge, attraversa deserti, si affida a trafficanti, schiavisti e aguzzini, affronta il mare in barche che non possono essere chiamate tali e gommoni inadatti, ha messo in conto di morire.

Come ha detto Cecilia Strada: “Pensate che un migrante che decide di scappare dall'Africa non sappia quanta gente muore in mare, sui barconi? Certo che lo sa. Ma scappa da una situazione talmente drammatica che la prospettiva di morire in mare diventa accettabile.
 Insomma: smettiamo di vendere armi, di depredare le risorse, di sostenere governi corrotti e autoritari e poi ne riparliamo"

Aiutarli a casa loro è giusto, ma non può essere un alibi.
  • Quante compagnie e multinazionali estere sfruttano le ricchezze dell’Africa?

  • Quanto fatturano in armi le aziende Occidentali?
  • Chi fomenta le guerre e le divisioni etniche?
  • Chi ha finanziato la disgregazione della Libia e della Siria?
  • Quali potenze svolgono ancora una politica coloniale nei confronti di paese che sono indipendenti solo sulla carta?
Se si vuole parlare di Africa e di paesi del cosiddetto Terzo o Quarto mondo si può fare. Ma seriamente. Peccato che nessuno l’abbia ancora mai fatto e che la gente muore di fame mentre il pianeta è sempre più nelle mani dei ricchi.

Nel frattempo questi bambini e donne dell'Eritrea pregano e ringraziano di essere vivi


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Articolo a cura di
Maris Davis
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