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Ecco perché nell'Islam la donna è considerata un essere inferiore (all'uomo)

Scritto da Foundation for Africa.

Ecco perché nell'Islam la donna è considerata un essere inferiore (all'uomo)
Mentre una parte di mondo ricorda la "Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne", per un'altra parte di mondo questa ricorrenza è assolutamente senza senso.

Un approccio corretto alla conoscenza della antropologia culturale di popolazioni diverse da quelle occidentali, deve necessariamente fare riferimento alla religione di quelle popolazioni. La dimensione religiosa è certamente quella più importante e più pervasiva presso tutti i popoli, per l'Islam è la religione che regolamenta anche la vita civile, il diritto civile e penale, la politica.

La concezione occidentale dei diritti universali dell'uomo, come deliberati dall'ONU, non trova riscontro nelle legislazioni dei paesi musulmani. Tanto meno in quelli che hanno portato al potere i partiti di ispirazione fondamentalista, rigidamente ancorati alla legislazione di derivazione coranica (vedi Arabia Saudita e Islam per esempio).

La considerazione di Maometto per le donne così come viene dedotta dagli "hadith" (editti) del profeta. Hadith 3826, il Profeta disse: "Non è vero che la testimonianza di una donna equivalga alla metà di quella di un uomo?". La donna rispose: "". Lui disse: "Il perché sta nella scarsezza di cervello della donna". È quindi Maometto stesso a considerare le donne "scarse di cervello".

L'affermazione sull'inferiorità della donna rispetto all'uomo ha conseguenze importanti per la vita di tutti i giorniNon ci si riferisce qui alle disuguaglianze che possono esistere a livello sociologico tra uomo e donna, queste sono purtroppo diffuse in tutte le società, nel mondo musulmano come in altre culture o civiltà. Qui si sta parlando proprio della disuguaglianza giuridica, che ha delle conseguenze durature perché è "legge", e impedisce o comunque ritarda qualunque adeguamento alla mentalità dei musulmani e delle musulmane di oggi.

La donna ha solo il ruolo di oggetto di piacere e di riproduzione. C'è anzitutto una disparità nella possibilità di contrarre il matrimonio. All'uomo viene riconosciuta la possibilità di avere contemporaneamente fino a quattro mogli (poligamia), mentre alla donna viene negata la facoltà di sposare più di un uomo (poliandria). La poligamia legalmente sancita significa una differenza radicale tra uomo e donna. All'uomo dà la sensazione che la donna è fatta per il suo piacere e, al limite, che è una sua proprietà che può "arare" come vuole, come afferma letteralmente il Corano.

"Non accostatevi alle vostre spose durante i mestrui e non avvicinatele prima che si siano purificate. Quando poi si saranno purificate, avvicinatele nel modo che Allah vi ha comandato. In verità Allah ama coloro che si pentono e coloro che si purificano. Le vostre spose per voi sono come un campo, avvicinatevi a loro come un aratro" (Sura della Vacca II, 222-223).

Se l'uomo ha la possibilità materiale "acquista" un'altra moglie. La donna si trova in una condizione di sottomissione nel ruolo di oggetto di piacere e di riproduzione. Questo ruolo è confermato dal fatto che non viene mai chiamata con il suo nome, ma sempre in relazione a un uomo: figlia di, moglie di, sorella di..

I figli nati da un mussulmano sono automaticamente mussulmani, la religione della moglie non conta. La donna musulmana non può sposare un uomo di un'altra fede, a meno che questi non si converta prima all'Islam. Il divieto è dovuto al fatto che, nelle società patriarcali orientali, i figli adottano sempre la religione del padre. Ma è anche giustificato dal fatto che il padre è il garante dell'educazione religiosa dei figli, e quindi solo se è musulmano può assicurare la loro crescita secondo i principi islamici.

I figli nati da un musulmano sono considerati a tutti gli effetti musulmani, anche se battezzati. Perciò ogni matrimonio misto (tra un musulmano e una cristiana o un'ebrea, gli unici due casi contemplati nella sharia) accresce numericamente la comunità musulmana e riduce la comunità non musulmana. Una conseguenza tragica per le conseguenze delle mogli cristiane sposate a un musulmano.

I fatti di cronaca sono lì a dimostrare quanta leggerezza, e ignoranza, ci sia da parte delle donne occidentali nel contrarre matrimonio con uomini di fede islamica, ma anche da parte della Chiesa cattolica nel concedere la dispensa per questi matrimoni misti.

Ecco perché nell'Islam la donna è considerata un essere inferiore (all'uomo)
L'uomo può ripudiare la moglie quando e come vuole, la donna non può. Il marito ha la facoltà di ripudiare la moglie ripetendo tre volte la frase "sei ripudiata" in presenza di due testimoni musulmani maschi, adulti e sani di mente, anche senza ricorrere a un tribunale. La cosa più assurda è che se il marito dovesse in seguito pentirsi della sua decisione e intendesse "recuperare" nuovamente sua moglie, quest'ultima dovrebbe prima sposarsi con un altro uomo che dovrà a sua volta ripudiarla. La donna passa in tal caso di mano in mano per rispettare formalmente la "Legge".

La moglie invece non può ripudiare il marito. Potrebbe chiedere il divorzio, che però diviene per lei motivo di riprovazione e la mette in una condizione sociologica molto fragile. Il ripudio è comunque vissuto come un'umiliazione per la donna e si presume sempre che lei abbia qualche problema a livello fisico o morale.

Infine, la facilità con la quale il marito può ripudiare la moglie senza dover giustificare la decisione, la rende totalmente dipendente dal suo stato d'animo, con il costante timore di essere allontanata. È come una "spada di damocle" che pende sulla testa della donna. Se non si comporta secondo il desiderio del marito potrebbe essere ripudiata, e allora dovrà cercarne un altro che accetti di prenderla con sé.

Divorzio facile senza tribunale. C'è poi da considerare la facilità con cui si ottiene il divorzio, che avviene quasi sempre su richiesta dell'uomo. Tradizionalmente, non c'è neppure bisogno di andare in tribunale. Anche se è vero che un "hadith" (editto) di Maometto dice che "il divorzio è la più odiosa delle cose lecite", ma comunque è permesso.

Ecco perché nell'Islam la donna è considerata un essere inferiore (all'uomo)
I figli sono considerati di proprietà del padre, anche in caso di divorzio. L'affidamento della prole, in seguito al divorzio, è un altro esempio di disuguaglianza. I figli "appartengono" al padre, che decide della loro educazione, anche se sono provvisoriamente affidati alla madre fino all'età di sette anni. Solo il padre ha la potestà genitoriale.

Anche nell'eredità la donna è considerata inferiore. Alla femmina ne spetta la metà del maschio, un provvedimento che trova fondamento nella situazione socio-economica in cui la famiglia viveva anticamente: dato che, secondo il Corano, è l'uomo che ha l'obbligo di mantenere la donna e l'intera famiglia, era logico che dovesse disporre di un piccolo fondo a cui attingere. Anche in questo caso una disuguaglianza fissata dalla legge divina aumenta la dipendenza della donna dall'uomo.

La testimonianza di un uomo vale come quella di due donne. Un'altra grande differenza a livello giuridico è che la testimonianza del maschio vale come quella di due femmine. Questo si basa su un hadith (editto) di Maometto, molto diffuso negli ambienti musulmani nonostante la sua autenticità sia piuttosto discussa, in cui si afferma che "la donna è imperfetta nella fede e nell'intelligenza"

Quando si chiede ai fuqih, gli esperti della legge, di spiegare il motivo rispondono che la donna è imperfetta quanto alla fede perché, in certe situazioni, ad esempio durante le mestruazioni, la sua preghiera e il suo digiuno non sono validi e la sua pratica religiosa è dunque imperfetta.

Riguardo la seconda parte dell'affermazione sull'imperfezione nell'intelligenza, forse un tempo questo poteva essere spiegato sociologicamente tenendo presente che le donne studiavano meno, che erano meno coinvolte nella vita sociale e dedite soltanto ai lavori domestici, ma da tempo tutto ciò non vale più. Eppure nella maggioranza dei tribunali dei Paesi islamici vige ancora questo principio nonostante le proteste delle associazioni femministe. In alcuni Paesi i fondamentalisti chiedono anche che alle donne sia vietato di fare da testimoni nei processi in cui sono previste le pene coraniche.

Il Corano prevede esplicitamente che le mogli non ubbidienti vadano picchiate. Si potrebbe obiettare che ci sono anche cristiani che picchiano la moglie, ma il paragone non regge. Infatti il Nuovo Testamento prevede che non si possa mai picchiare la moglie. La lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini (Ef 5,25.28) nei rapporti tra moglie e marito afferma: "E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso"

Dunque il cristiano che picchia la moglie è un cattivo cristiano, mentre un musulmano che picchia la moglie è un buon musulmano. Anzi il musulmano che non picchiasse la moglie ribelle sarebbe un cattivo musulmano che non applica il Corano "Allah ha onorato le donne istituendo la punizione delle bastonate, che però vanno date secondo regole precise: senza lasciar segni visibili e solo per una buona causa" (ad esempio se lei si nega a letto).

"Gli uomini sono preposti alle donne, a causa della preferenza che Allah concede agli uni rispetto alle altre e perché spendono (per esse) i loro beni. Le (donne) virtuose sono le devote, che proteggono nel segreto quello che Allah ha preservato. Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse" (Sura 4:34)

Tunisia. Quanto sia difficile nel mondo islamico per le donne essere considerate "uguali" agli uomini lo dimostra la Tunisia che ha appena approvato (nel 2014) la costituzione più liberale del mondo islamico, ma dove Amnesty International ha proprio oggi denunciato che le donne che subiscono violenza sono scoraggiate dal chiedere "giustizia" - leggi -

Le donne e le ragazze tunisine vivono in una società che preferisce preservare l’onore familiare piuttosto che chiedere giustizia. Le donne, soprattutto coloro che hanno subito aggressioni sessuali o violenza in famiglia, sono scoraggiate dal presentare denuncia e indotte a credere che, in caso contrario, getteranno vergogna sulla famiglia. La polizia spesso ignora o persino fa sentire in colpa chi osa denunciare e talvolta si attribuisce un ruolo di mediazione, anche nei casi più gravi di violenza. Queste attitudini sociali e le manchevolezze dello stato sono particolarmente gravi in un paese dove la violenza sessuale e quella di genere sono radicate. Molte donne tunisine si sentono intrappolate in un ciclo di violenza che spesso chiama in causa i loro mariti.

E questo accade in un paese islamico come la Tunisia, che lo stesso occidente considera l'unico in cui la "primavera araba del 2012" ha avuto successo. Il paese a cui nel 2015 è stato riconosciuto il "Premio Nobel per Pace" proprio per questo processo di democratizzazione. Un paese che però deve fare ancora molta strada sulla via della parità uomo-donna.

Se da un lato Amnesty International denuncia la Tunisia perché fa ancora troppo poco con gli uomini che usano violenza contro le donne, dall'altro l'integralismo islamico prende di mira quella stessa Tunisia con attentati perché lo considera un paese troppo "democratico".

Difficile, quasi impossibile, scardinare la differenza tra uomo e donna nel mondo arabo quando questa differenza è "scritta" e "sancita" nel libro della legge islamica, ovvero il Corano.

Ecco perché nell'Islam la donna è considerata un essere inferiore (all'uomo)
Sposa bambina
Matrimoni combinati
Spose bambine
Mutilazioni genitali femminili
Poligamia
Donne schiave (perché non mussulmane)
Donne lapidate (perché considerate adultere)
(Anche questo è l'Islam)

Maris Davis

Articolo di
Maris Davis

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