Bambini Soldato. Daniel, arruolato in Nigeria a 11 anni
Daniel
era stato arruolato nel "Massob", il Movimento
armato per la liberazione del Biafra. Alla morte del padre fu
costretto a prendere il suo posto.
«Non
lo so. In quelle situazioni si spara a raffica, delle persone
muoiono, ma poi non si sa chi è stato a sparare.
Sì, è possibile che io abbia ucciso qualcuno. Ma
non lo posso sapere con certezza»
La drammatica
testimonianza di Daniel, bambino soldato a 11 anni scappato dall'Africa
dopo essere stato usato come spia e aver dovuto lasciare la scuola per
imparare a sparare.
Daniel
Uche ha due immagini fisse che lo perseguitano da quando era bambino.
La prima è il ricordo di quella maledetta notte in cui gli
è stato comunicato che avrebbe dovuto lasciare gli studi per
imbracciare un fucile e lottare per la causa del Biafra. L’altra
è ambientata nel mezzo del deserto del Sahara, a
metà del suo viaggio a piedi verso la Libia.
«Avevo fame, ero stanco e non so dire di preciso il nome del posto in cui mi trovavo. Ricordo che c’era un ragazzo che stava mangiando farina di manioca. Io mi sono avvicinato e gli ho chiesto di lasciarmi ripulire la ciotola che stava usando, così da poter mangiare almeno le briciole. Ma lui non ha voluto e ha preso la sabbia del deserto per pulire la ciotola, così che io non ne potessi mangiare. Avevo 15 o 16 anni, è passato molto tempo, ma questa scena, questa umiliazione, mi torna spesso in mente» |
Daniel
oggi ha 31 anni, vive a Trento, frequenta il
5° anno di un liceo economico-sociale e ha una vita,
all'apparenza, del tutto tranquilla. Lavora aiutando persone con
disagio mentale e fa volontariato con un’associazione locale.
Fa l’arbitro di calcio e tifa Milan. Ma le ferite che si
porta dentro da quando era un bambino soldato, tra gli 11 e i 15 anni
d’età, sono profonde. E hanno bisogno di una vita
intera per essere curate.
Daniel
ha deciso di raccontare la sua storia ai ragazzi delle superiori che
hanno partecipato all'ultimo Festival dei diritti umani di Milano. Un
racconto difficile da fare. E da ascoltare fino in
fondo.
Bambini
soldato in Nigeria, la testimonianza di Daniel
Bandiera del Biafra |
Daniel
è nato nel Biafra, in Nigeria.
Una terra marchiata da una guerra violenta, costata la vita a oltre 1
milione e 200 mila persone tra il 1967 e il 1970. Un conflitto
proseguito poi in maniera strisciante, con la contrapposizione tra
forze governative, da una parte, e il Movimento per la realizzazione
dello Stato sovrano del Biafra (Massob),
dall'altra.
Il
reclutamento del ragazzo tra le forze armate del Massob risale alla
morte del padre, avvenuta quando lui
aveva 10 anni e andava alle elementari. Daniel
era il primo figlio della famiglia e, proprio per questo, è
stato costretto a proseguire la lotta del padre, che ricopriva un ruolo
importante all'interno del Movimento.
La
notte del bambino soldato, immagini che non si dimenticano
Una notte, quando Daniel aveva 11 anni, si sono presentati alla
porta i dirigenti del Massob. «Volevano
che io sostituissi mio padre all'interno del Movimento, che mi
concentrassi nelle attività del campo militare e lasciassi
la scuola. La mamma all'inizio ha provato a dire che dovevo almeno
finire le medie, ma i dirigenti insistevano. Dicevano che avrei fatto
una carriera politica. E alla fine mia mamma accettò». E fu il
principio di un periodo terribile, che gli avrebbe tolto per sempre
l’innocenza della sua età.
«Io
non ero d’accordo, ma non potevo rifiutarmi. Sono
andato nella mia stanza e ho cominciato a piangere ininterrottamente.
Mi sono ammalato per tre giorni. Ero distrutto. Il mio unico desiderio
era proseguire gli studi. A un certo punto, quando il mio maestro si
accorse che non avevo ancora pagato la retta della scuola e me ne
chiese la ragione, io risposi che avrei pagato presto. Ma la
realtà era che stavo per lasciare la scuola e mi vergognavo
con i miei compagni per questo»
Daniel non ha avuto scelta. «Sono
andato a Lagos. Poi, per tutto il tempo in cui sono rimasto con il Massob,
sono stato sottoposto per un paio di volte l’anno
all'addestramento militare, che si svolgeva in un campo nei boschi
lontano dalla città e che durava 2 o 3 mesi. Ci insegnavano
a usare il fucile. Dicevano che noi bambini eravamo un'arma importante»
In quel campo
c'erano una ventina di persone fisse, tra
cui quattro bambini (Daniel era
il più piccolo e vedeva la mamma un paio di volte
l’anno). Molti altri,
invece, passavano là solo periodi brevi, per poi tornare a
studiare, senza essere strappati alle loro famiglie, come era accaduto
a lui.
Alla
ricerca di vittime. Bambini soldato usati come spie
Il primo compito dei
ragazzini era quello di scoprire le abitudini dei nemici dichiarati e
dei traditori della causa. Dovevano diventare amici
dei loro figli, introdursi nelle loro case, guadagnarsi la loro
fiducia. Delle vere e proprio missioni in incognito. «Imparavamo
come scoprire il nemico nascosto, ci usavano come spie»
Tutto questo, naturalmente, aveva poi dei drammatici
risvolti nel momento in cui gli indipendentisti decidevano di entrare
in azione.
«Spesso io conoscevo dei bambini e
riuscivo a scoprire come avvicinarmi al loro padre. Una volta, per
esempio, ho scoperto qual era l’orario migliore per
avvicinarci e attaccare la casa di un traditore della causa del Biafra
e alla fine siamo riusciti a bruciare la casa del papà di un
bambino che avevo conosciuto. In generale, noi bambini eravamo in grado
di dire quando ci si poteva avvicinare a una casa e altre informazioni
utili per poter intervenire»
«Potrei
avere ucciso, ma non lo so con certezza»
I bambini soldato avevano
poi altri due compiti.
Il
primo
era quello di partecipare alle manifestazioni pubbliche organizzate dal
Massob per rivendicare la
creazione dello Stato del Biafra.
Il secondo era un incarico
strettamente militare. «All'inizio
imparavamo a usare il fucile e da quando avevo 13 anni iniziarono a
farmi partecipare alle azioni, a sparare. Attaccavamo noi, facevamo
imboscate, oppure difendevamo i biafrani minacciati che ci chiedevano
aiuto, intervenivamo se ci avvertivano di un attacco in corso. Se
eravamo in inferiorità numerica, invece, chiamavamo i
rinforzi»
Daniel
racconta tutto, come chi ha il bisogno di buttare fuori anni di
sofferenze per liberarsene. Ma ad un certo punto, di fronte a una
domanda, si ferma a pensare. Ci sono certe risposte che
è difficile dare. «Hai
mai ucciso qualcuno?»
«Guarda, non lo so. In quelle situazioni si spara a raffica, delle persone muoiono, ma poi non si sa chi è stato a sparare. Sì, è possibile che io abbia ucciso qualcuno. Ma non lo posso sapere con certezza» |
La
situazione era così assurda da aver annullato qualunque
“anticorpo” nel ragazzo
«Ho cominciato a fare qualunque cosa senza sentire senso di colpa. E quando vedevo un bambino che moriva pensavo che era fortunato, perché non avrebbe dovuto vivere ancora» |
In
fuga dalla Nigeria, le cause del viaggio in Italia
Daniel è andato
via dalla Nigeria perché temeva che altrimenti sarebbe
finita male.
Nel 2002, ricorda, avevano compiuto
un’azione a Lagos finita con più di 10 morti e
tanti feriti. «A quel punto gli anziani
del Massob intervennero pubblicamente dicendo che
avevamo esagerato, che le nostre azioni erano diventate troppo
violente. E così capì che non avevo
più la loro protezione, che ero in pericolo. E alla fine,
dopo il Natale del 2003, decisi di nascondermi e fuggire, per non
prendere più parte a queste azioni»
A quel punto Daniel da
bambino soldato diventò migrante, attraversando il deserto
per raggiungere la Libia, dove si fermò per tre anni, e poi
su un barcone diretto a Lampedusa. «Ho
rischiato di morire, ma non avevo scelta»
Bambini
soldato, violato il diritto allo studio
Se si chiede a Daniel quali siano i principali
diritti umani che gli sono stati tolti da bambino, risponde deciso:
«L’unico diritto che mi
è stato violato è quello allo studio. Mi
trattavano bene e tutto, ma non ho potuto proseguire gli studi. Avevano
detto che poi avrei fatto la carriera di politico in Nigeria, e quindi
mia mamma pensava che in seguito magari avrei continuato a studiare. Ma
non è andata così»
Dall'Africa
all'Italia, carcere e ripresa degli studi
In Italia la vita
dell’ex bambino soldato è stata piuttosto
travagliata.
Arrivato a Lampedusa nel 2006, è andato poi a Crotone per
due mesi, quindi a Napoli alla ricerca di un lavoro e in seguito si
è ritrovato vittima del caporalato, impiegato nei campi di
pomodoro vicino a Foggia. «Lì
rischiavo l’espulsione, ero irregolare, e alla fine sono
andato a Padova, dove ho iniziato a spacciare»
Nella città
veneta Daniel è stato arrestato. «Mettendo
insieme i vari periodi trascorsi in prigione, ho passato
dietro le sbarre circa 7 anni. Prima a Padova, poi a Treviso,
quindi in Sardegna. Poi, libero, sono andato in Svizzera, dove ho fatto
richiesta di asilo politico. E in seguito sono tornato in Italia, dove
ho ripreso a spacciare fino a ritrovarmi di nuovo in carcere a Padova
e, infine, a Trento. Dove la mia vita è cambiata: ho potuto
ricominciare a studiare, ho incontrato don Fabrizio e gli insegnanti
del carcere, persone come Silvia, Antonella, Amedeo, Andrea e gli
altri, che mi hanno aiutato anche una volta uscito dalla prigione»
Proprio
a Trento, Daniel è stato tra i fondatori
dell’associazione Dalla
Viva Voce che, non a caso, si occupa di
sensibilizzazione sul tema del carcere, di dare testimonianze nelle
scuole e fornire un aiuto a chi ha ripreso gli studi in carcere.
Bambini
soldato con la voglia di sognare
Nonostante tutte le
difficoltà che ha dovuto attraversare, Daniel non ha smesso di
sognare.
In questo periodo sta preparando il suo esame di maturità al
liceo economico sociale. E non è finita. «Sto
cercando di ottenere la protezione internazionale, faccio volontariato
e voglio studiare fino all'università. Poi voglio tornare in
Biafra, fare carriera politica e aiutare tutto il mio popolo»
E la vita sembra avergli
insegnato cosa sarà necessario cambiare. «Voglio
essere un esempio per il mio popolo, ma questa volta non con le armi,
ma con le parole e il dialogo, che verranno con lo studio»