Stampa
PDF

Lettera a Salvini di un’immigrata africana

Lettera a Salvini di un'immigrata africana

"La faccia cattiva la dedichi ai potenti che occupano casa mia"

È diretta, e senza mediazioni la lettera aperta di una ragazza nigeriana al ministro dell'Interno. "Se avessi potuto scegliere, avrei fatto volentieri a meno della sua ospitalità"

Non le dirò il mio nome

Lettera a Salvini di un’immigrata africana

Ho visto la sua faccia ieri al telegiornale. Era dipinta dei colori della rabbia. La sua voce, poi, aveva il sapore amarissimo del fiele. Ha detto che per noi che siamo qui nella vostra terra è finita la pacchia. Ci ha accusati di vivere nel lusso, rubando il pane alla gente del suo paese. Ancora una volta ho provato i morsi atroci della paura.

Chi sono?? Non le dirò il mio nome. I nomi, per lei, contano poco. Niente. Sono una di quelli che lei chiama con disprezzo “clandestini”. Vengo da un paese, la Nigeria, dove ben pochi fanno la pacchia, e quei pochi sono tutti amici vostri. Lo dico subito. Non sono una vittima del terrorismo di Boko Haram.

Biafra

Nella mia regione, il Delta del Niger non sono arrivati, da quelle parti non c'è Boko Haram. Sono una profuga economica, come dite voi, una di quelle persone che non hanno alcun diritto di venire in Italia e in Europa. Lo conosce il Delta del Niger? Non credo.

Ma forse conosce cosa significa la parola "Biafra", o magari vista la sua scarsa cultura dell'Africa, non conosce nemmeno quella.

image

Eppure ogni volta che lei sale in macchina può farlo grazie a noi. Una parte della benzina che lei, e assieme tanti italiani usano viene da lì. Un luogo dove l'italiana ENI ruba il nostro petrolio e inquina le nostre terre.

Io vivevo alla periferia di Port Harcourt, la capitale dello Stato del Delta del Niger (ex-Biafra, per sua informazione). Una delle capitali petrolifere del mondo.

Vivevo con mia madre e i miei fratelli in una baraccae alla sera per avere un po’ di luce usavamo le candele. Noi come la grande maggioranza di chi vive lì. Nonostante nel nostro sottosuolo ci sia tanto petrolio, da quel petrolio noi non abbiamo ricchezza, ma solo povertà e inquinamento.

Guerra del Biafra (1967-70)

E mentre le compagnie petrolifere continuavano imperterrite ad estrarre petrolio, negli stessi luoghi decine di migliaia di bambini morivano di fame

Un inferno se sei una ragazza

image

È dura vivere dalle mie parti. Molto dura. Un inferno se sei una ragazza. Ed io ero una ragazza.

Tutto è a pagamento. Ma proprio tutto. Se non hai soldi non vai a scuola e non puoi curarti. Gli ospedali e le scuole pubbliche non funzionano. E persino lì, comunque, se vuoi far finta di studiare o di curarti, devi pagare.

E come fai a pagare se di lavoro non ce ne è? La fame, la miseria, la disperazione e l’assenza di futuro, sono nostre compagne quotidiane.

Se avesse un po' Cuore

La vedo già storcere il muso. È pronto a dire che non sono fatti suoi, vero? Sono fatti suoi, invece (se avesse solo un po' di Cuore).

Il mio paese, la regione in cui vivevo, dovrebbe essere ricchissima visto che siamo tra i maggiori produttori di petrolio al mondo. E invece no.

Quel petrolio arricchisce poche famiglie di politici corrotti, riempie le vostre banche del frutto delle loro ruberie, mantiene in vita le vostre economie e le vostre aziende.

Il mio paese è stato preda di più colpi di Stato. Al potere sono sempre andati, caso strano, personaggi obbedienti ai voleri delle grandi compagnie petrolifere del suo mondo, anche del suo paese.

Ken Saro Wiwa

image

Avete potuto, così, pagare un prezzo bassissimo per il tanto che portavate via. E quello che portavate via è la nostra vita. Lo avete fatto con protervia e ferocia. La vostra civiltà e i vostri diritti umani hanno inquinato e distrutto la vita nel Delta del Niger e impiccato i nostri uomini migliori.

Si ricorda Ken Saro Wiwa? Era un giovane poeta che chiedeva giustizia per noi. Lo avete fatto penzolare da una forca. Le vostre aziende, in lotta tra loro, hanno alimentato la corruzione più estrema. Avete comprato ministri e funzionari pubblici pur di prendervi una fetta della nostra ricchezza.

L’Eni, l’Agip, quelle di certo le conosce. Sono accusate di aver versato cifre da paura in questo sporco gioco.

Con quei soldi noi avremmo potuto avere scuole e ospedali. A casa, la sera, non avrei avuto bisogno di una

Sarei rimasta lì, a casa mia, nella mia terra

Avrei fatto a meno della pacchia di attraversare un deserto. Di essere derubata dai soldati di ogni frontiera e dai trafficanti.

Di essere violentata tante volte durante il viaggio. Avrei volentieri fatto a meno delle prigioni libiche, delle notti passate in piedi perché non c’era posto per dormire, dell’acqua sporca e del pane secco che ti davano, degli stupri continui cui mi hanno costretta, delle urla strazianti di chi veniva torturato.

Avrei fatto a meno della vostra ospitalità

Lettera a Salvini di un’immigrata africana

Nel suo paese, in questa Italia, tante ragazze come me hanno come solo destino, la schiavitù della prostituzione. Lo sapete.

E non fate niente contro la nostra schiavitù, anzi la usate per placare la vostra bestialità, la vostra voglia di sesso. Io sono riuscita a sfuggire a questo orrore, ma sono stata schiava nei vostri campi. Ho raccolto i vostri pomodori, le vostre mele, i vostri aranci in cambio di pochi spiccioli e tante umiliazioni.

La pacchia l'avete fatta voi, sulle nostre vite

Ancora una volta, la pacchia l’avete fatta voi. Sulla nostra pelle. Sulle nostre vite. Sui nostri poveri sogni alla ricerca di una vita appena migliore.

Vedo che non ho mai pronunciato il suo nome. Me ne scuso, ma mi mette paura. Quella paura per l’ingiustizia di chi sa far la faccia dura contro i deboli, ma sa sorridere sempre ai potenti.

Vuole che torniamo a casa?

Parli ai suoi potenti, a quelli degli altri paesi che occupano di fatto casa mia in una guerra velenosa e mai dichiarata. Se ha un po’ di dignità e di coraggio, la faccia brutta la faccia a loro.

L'articolo Lettera a Salvini di un’immigrata africana proviene da Foundation for Africa. Autore Maris Davis

Video in Primo Piano