Kenya. Silvia Romano aveva denunciato abusi su bambine, forse rapita per vendetta
Che
le indagini sul rapimento di Silvia fossero carenti e blande (anche
da parte italiana) era già nell'aria,
ma ora salta fuori che sono spariti perfino documenti ufficiali e foto,
tra cui la denuncia che ragazza aveva fatto contro un pedofilo kenyota
solo pochi giorni prima del suo rapimento. Denuncia
ora introvabile, come introvabile è il
pedofilo denunciato dalla ragazza.
Per
il rapimento di Silvia sono indagati tre uomini, ma manca il quarto rapitore, un
certo "Adam" che secondo gli investigatori
è la mente.
La
prima cosa che salta agli occhi cercando le tracce di Silvia Romano,
la ventitreenne milanese sequestrata la sera del 20 novembre a Chakama,
in Kenya, è che le indagini sono state abbastanza
carenti, che c’è una competizione tra le
varie polizie del paese africano e tra queste e l’esercito
che si è occupato di scandagliare tutto il territorio al
confine con la travagliata Somalia.
Di
Silvia non si sa niente dal momento della sua scomparsa.
Sparita nel nulla. A parte il silenzio stampa
chiesto dalla Farnesina, un atteggiamento di routine che serve
più a mantenere segreti inconfessabili che a salvaguardare
la vita degli ostaggi o l’inquinamento delle relative
indagini, in questi casi si riesce sempre ad avere qualche
informazione. Questa volta no. Niente di niente.
Davvero sconsolante.
“Scusi, ma Silvia
Romano ha dormito qui?”. La signora che
gestisce la guest
house Marigold,
nel caotico centro di Mombasa, non solo è
gentile, ma anche collaborativa e chiama subito il figlio Aash Sahiko, che si presenta con i
registri degli ospiti. Dopo una veloce ricerca arriva la risposta:
“Sì, è stata qui
il 22 settembre e la notte tra il 5 e il 6 novembre”
Ogni dettaglio è
prezioso.
Silvia è venuta qui sola? “Certo.
Ha pagato il prezzo della camera singola. È arrivata sola ed
è ripartita sola”. Il figlio della
signora che gestisce la guest house se la ricorda bene: “Una
bella ragazza così, resta impressa. Ero contento quando
l’ho vista per la seconda volta in novembre”
Ma
è venuto qualcuno della polizia keniota o agenti italiani a
chiedere informazioni su Silvia?
“No,
nessuno. Quando abbiamo saputo del suo rapimento ci siamo
preparati a ricevere la visita di qualche investigatore e ci siamo
meravigliati che non siano comparsi i poliziotti” Com'è
possibile che nessun inquirente si sia fatto vivo per verificare che la
ragazza fosse sola?
Silvia,
bella, giovane e dinamica, non poteva non attrarre le attenzioni di
qualche ragazzo. Infatti erano in tanti a farle la corte o addirittura
a dichiararle grande amore, come Alfred Scott un
fisioterapista dell'ospedale di Mombasa che su Facebook proclama di
essere innamorato della milanese.
Due
ipotesi sul suo rapimento
Alla
polizia di Nairobi sul rapimento vengono formulate tre ipotesi: sequestro
per ottenere un riscatto, sequestro per tapparle
la bocca su accuse di pedofilia di cui sarebbe stata testimone
in due casi, il primo a Likoni e il secondo anche per molestie nella
stessa Chakama, villaggio nell'entroterra di Malindi, luogo in cui fu
poi rapita.
Le
bugie del suo "presunto" fidanzato, un italiano
conosciuto in Kenya
Silvia
arriva per la prima volta in Kenya il 22 luglio dell’anno
scorso. Aveva conosciuto un italiano, Davide
Ciarrapica durante una festa di beneficenza. Il
trentunenne di Seregno gestisce un centro per bambini a Likoni,
un villaggio separato da Mombasa da un braccio di
mare che si può superare con un traghetto.
La ragazza intravede la
possibilità di fare qualcosa a favore dei più
deboli.
Così quel giorno si imbarca per Mombasa con lui. Imbarazzante
una dichiarazione rilasciata verbalmente da Ciarrapica a un detective
keniota.
"Impossibile per me riportare qui i particolari
scabrosi",
riferisce costernato l’investigatore, “Senza
alcun pudore Davide, durante un colloquio il 15 maggio scorso, racconta
che Silvia, durante il viaggio in aereo, gli è saltata
addosso. Piuttosto strano mi è sembrato un modo per
screditarla ai miei occhi. Io non gli ho creduto”
Silvia
resta al Hopes Dreams Rescue Sponsorship Centre
di Davide per un mesetto, poi torna a Milano. Il 5 novembre rientra in
Kenya. All'aeroporto di Mombasa, va a riceverla
proprio Davide Ciarrapica. Insieme vanno a Likoni,
ma lei ci resta poche ore. A fine giornata torna a Mombasa e si ferma a
dormire al Marigold. La mattina dopo corre a Chakama, insieme a due
nuovi volontari appena arrivati nella struttura di Africa Milele,
la onlus per cui lavorerà proprio con l'obiettivo aiutare i
bambini.
Casi
mai chiariti di "presunte" molestie sui bambini nel
centro gestito da Davide a Likoni
Quello che si capisce
è che da quelle parti si respirava una brutta aria. Una mamma che conosceva
bene Silvia all'attracco del traghetto Likoni-Mombasa racconta della
permanenza della ragazza in quei luoghi e scoppia in lacrime:
“Le voglio bene, le voglio bene. Spero
che torni presto. Io avevo tre bambine in quella struttura, poi le ho
ritirate”.
Perché? “Accadevano cose
poco corrette e imbarazzanti. Tornate a casa le mie figlie riferivano
di strani atteggiamenti di Davide e del suo socio, Rama Hamisi Bindo”. Il pianto
continua a dirotto.
Una visita al "Hopes Dreams Rescue
Sponsorship Centre"
lascia confusi e stupefatti. Siamo accolti da una signora che si
illumina in volto: “Ah, grazie al
cielo, dottoressa. Lei è venuta qui per quella
quattordicenne incinta”.
Evidentemente no, ma desta perplessità anche il fatto che
Davide arrivi con la sua girlfriend, una stupenda
diciassettenne. Insomma
Davide ha già già provveduto a sostituire Silvia
come "fidanzata"
Silvia
aveva promesso a Davide una raccolta fondi
Dopo
la sua prima esperienza a Chakama, Silvia rientra in Italia,
promettendo comunque a Davide che organizzerà a beneficio
del suo centro, incontri di beneficienza per raccogliere fondi. Cosa
che fa in ottobre. Ritorna in Kenya il 5
novembre (due
settimane prima del suo rapimento)
e va a Likoni, giusto il tempo per essere accolta freddamente dai
bambini, che hanno l’ordine di restare sull'attenti immobili
e di non salutarla, e da Davide, che l’accusa di non aver
raccolto sufficiente denaro.
Davide
in Italia è stato condannato a 6 anni di reclusione
I bambini africani fanno
sempre una gran festa alla gente, specialmente a quella che conoscono e
che ha giocato tempo prima con loro. Quei ragazzini restano invece
impietriti. “Davide
è un collerico irascibile, racconta un altro ex
impiegato. Ecco perché in Italia recentemente
è stato condannato a 6 anni di reclusione e 35
mila euro di danni per aver staccato a morsi un orecchio durante una
rissa in una discoteca di Milano”
Racconta uno degli
inquirenti kenioti che sta cercando di dipanare l’intricata
matassa:
“Abbiamo avuto indicazioni che Silvia
manifestasse un certo disagio nei confronti della struttura dove,
secondo lei, si verificavano molestie nei confronti dei piccoli ospiti.
Quell'organizzazione è guardata con una certa benevolenza
dalle autorità locali. Il socio e amico di Davide
Ciarrapica, nonché proprietario della villa che la ospita,
Rama Hamisi Bindo, è figlio di un famoso politico e gode di
protezioni insospettabili”
“Sì,
gode di protezioni potenti”
La
polizia di Mombasa,
secondo un testimone che teme ritorsioni e intima per ben tre volte di
non pubblicare il suo nome, non
è mai intervenuta con la dovuta determinazione per indagare
sul caso:
“Ecco
un rapporto riservato critico sul comportamento di come sia stata
condotta l’indagine laggiù”.
Tira fuori dal cassetto un documento assai compromettente (che
però non possiamo pubblicare per non compromettere le
indagini).
Sotto
promessa dell'anonimato un ispettore di polizia keniota racconta a
Massimo Alberizzi e Hillary Duenas, giornalisti di Africa Express
particolari dell'inchiesta su Silvia Romano
Nella
sua deposizione del 15 maggio scorso alla polizia, Davide
Ciarrapica, che per altro afferma di essere stato
ascoltato dai carabinieri del ROS durante una sua visita in Italia in
gennaio, dichiara di aver sconsigliato a Silvia di andare e prendere
servizio a Chakama, eppure in una e-mail inviata a Silvia affermava
esattamente il contrario. È stato proprio
lui, Davide, a consigliarle di
andare a Chakama.
Ma
quello che inquieta di più è che all'aeroporto di
Mombasa sono spariti tutti i file su Silvia Romano
Ai
visitatori che entrano in Kenya viene scattata una fotografia e vengono
prese le impronte digitali. Una procedura che deve aver riguardato
anche la ragazza milanese. Allora ci chiediamo
perché nell'archivio della polizia aeroportuale non
c’è niente sull'ingresso in Kenya di Silvia il 5
novembre 2018.
Due
giornalisti di Africa ExPress, Massimo Alberizzi e Hillary Duenas, sono
andati alla centrale di polizia di Malindi per indagare sul rapimento
di Silvia Romano
Riserva
sorprese anche l’archivio della polizia di Malindi
L’undici
di novembre, nove giorni prima di essere sequestrata,
Silvia, dopo aver chiesto
consiglio alla presidente di Africa Milele, Lilian Sora
che dall'Italia dà il suo totale benestare, con altri due
volontari, Giancarlo e Roberta, si reca alla centrale di
polizia a denunciare un keniota che per qualche
giorno ha soggiornato nello stesso affittacamere in cui da tempo vivono
i volontari dell’associazione, un certo Francis
Kalama di Marafa, pastore anglicano.
Lo
accusano di atteggiamenti equivoci nei confronti di alcune bambine
Una
ricerca approfondita sui registri delle querele della polizia non porta
a nulla. Gli agenti che se ne occupano e controllano i
faldoni, allargano sconsolati le braccia.
La
polizia di Malindi è assai cooperativa e i funzionari hanno
controllato i registri delle denunce per ben due volte per cercare
quella che Silvia Romano fece pochi giorni prima del suo rapimento. Un
denuncia che ora risulta sparita
Eppure
in un messaggio audio WhatsApp, Silvia,
che qualcuno dipinge come sprovveduta e che invece si dimostra
testarda, legalista e amante della giustizia, racconta con una dovizia
di dettagli di essere andata alla polizia e di aver avuto
l’assicurazione che Kalama sarà arrestato
e “le bambine sottoposte a un test medico”.
Particolare
assai pesante. La promessa comunque non avrà
seguito: Kalama (il pastore anglicano
accusato da Silvia di molestie) è uccel
di bosco, sparito. Di lui nessuno ha
più traccia, tanto meno gli investigatori, né si
pensa abbia mai avuto notifica della denuncia.
File WhatsApp
di Silvia 10 giorni prima di essere rapita, mentre
informa la presidente di Africa Milele, Lilian Sora, sulla sua denuncia
contro Francis Kalama (pastore anglicano) per atteggiamenti equivoci
nei confronti di alcune bambine
Per il rapimento
di Silvia attualmente in cella ci sono tre persone:
- un keniota giriama, l’etnia che abita sulla costa del Paese, Moses Luari Chende;
- un keniota di etnia orma (quella accusata di aver organizzato il sequestro), Gababa;
- e un somalo con un documento d’identità keniota ottenuto illegalmente senza la necessaria e obbligatoria procedura, Ibrahim.
“Loro
sanno sicuramente qualcosa ma sono solo degli esecutori. Aspettiamo
che facciano i nomi dei mandanti”
Già, ma in Kenya fare i nomi di chi
ha ordinato un rapimento è come suicidarsi. “Ma
perché governo italiano non garantisce la sicurezza in
Italia? Una taglia e un permesso di soggiorno per chi fornisce
informazioni sarebbero assai utili”. Una domanda
banale, ma senza risposta.
Salta
fuori anche una critica della polizia all'esercito
“Ha
chiuso le frontiere con la Somalia, ma non è
stato assolutamente cooperativo con le indagini.
Certo, non è il loro compito, ma loro sono andati anche in
villaggi remoti, dove per noi è difficile arrivare”
Sempre alla polizia di
Malindi scuotono la testa a sentire parlare degli inquirenti italiani: “È
venuto qui il console onorario, Ivan del Prete, con un altro paio di
persone ma non ha fatto granché. Ha chiesto informazioni, ma
niente di più”