Ciao Silvia, è passato un anno da quando ti hanno rapita
Ciao Silvia, non mi sono mai dimenticata, neppure un giorno, di te. Ti penso spesso e a volte piango, penso ai tuoi genitori, ai tuoi amici, a chi ti conosceva e ti voleva bene, penso alla loro sofferenza. Noi non perderemo mai la speranza di rivedere il tuo sorriso, chiedo anche a te di essere forte, so che sei forte. Un grande abbraccio da tutti noi di Foundation for Africa.
Oggi ricorre il primo anniversario del tuo rapimento. I tuoi 24 anni, la tua laurea con una tesi sulla tratta degli esseri umani, da dodici mesi sei nelle mani di un gruppo armato, qui pensano che siamo gli Al-Shabaab somali. Quel triste giorno ti trovavi in Kenya per conto della Onlus Africa Milele per fare del bene ai bambini dell'Africa, con il tuo entusiasmo, con la tua giovane età.
Chi ti abbia rapita e per quale ragione ancora non si sa esattamente. Di te si sono perse le tracce, probabilmente ti hanno portata in Somalia dove ti tengono prigioniera. C'è chi indaga su ciò che ti è accaduto, ma nulla si sa, nulla vogliono farci sapere, trapelano pochissime notizie su di te. In troppi, qui in Italia ti hanno dimenticata, ma io no, di te non mi dimenticherò mai.
Lo sai Silvia, anche noi di Foundation for Africa abbiamo qualcuno in Kenya e a cui vogliamo bene, che lavora per la gente del posto, per farla vivere meglio, è anche per questo che non ti dimenticheremo mai.
«Si sopravvive di ciò che si riceve, ma si vive di ciò che si dona»
Silvia Romano, un anno fa il rapimento in Kenya della cooperante italiana.
Era il 20 novembre 2018 quando la ragazza milanese fu stata sottratta alla sua attività umanitaria a Chakama da una banda di rapitori locali. Le ultime notizie riportano che la 24enne sarebbe tenuta sotto sequestro in Somalia da un gruppo islamista legato ad Al-Shabaab.
È passato un anno da quando Silvia Romano è stata rapita. Era il 20 novembre del 2018 quando la cooperante milanese fu sottratta alla sua attività umanitaria a Chakama, un villaggio a 80 chilometri da Malindi, in Kenya. Le ultime notizie, che emergono dagli sviluppi dell'indagine della Procura di Roma e dei carabinieri del Ros, riportano che la 24enne sarebbe tenuta sotto sequestro in Somalia da un gruppo islamista legato ai jihadisti di Al-Shabaab.
Chi è Silvia Romano
Silvia Costanza Romano, 24 anni, si è laureata in Mediazione Linguistica per la Sicurezza e Difesa Sociale al Ciels, il Centro di Intermediazione Linguistica Europea. Nell'estate 2018 ha deciso di partire da sola per l'Africa, per la sua prima esperienza di volontariato in un orfanotrofio a Likoni, gestito dalla onlus “Orphan's Dream”. Silvia ha proseguito le sue attività con la piccola onlus marchigiana “Africa Milele" (che opera nel Paese africano su progetti di sostegno all’infanzia) a Chakama, prima di tornare in Italia. Ma poi ha deciso di continuare con il suo impegno in Africa, dove era tornata ai primi di novembre 2018. La ragazza ha insegnato anche ginnastica artistica in una storica palestra milanese e ha fatto l'istruttrice di acrobatica in un centro sportivo.
Il 20 novembre 2018 il rapimento
Il 20 novembre 2018 Silvia Romano viene rapita durante un attacco armato di un gruppo di otto personeappartenenti a una banda locale che fa irruzione nell'ufficio dell’organizzazione per cui lavora, con fucili e machete. La polizia kenyota rende noto che nell'attacco gli uomini armati hanno "sparato indiscriminatamente" ferendo cinque persone. Un testimone, un ragazzo che studia grazie alla onlus per cui lavora Silvia Romano, racconta che l’obiettivo degli uomini armati era proprio la ragazza e che l'hanno schiaffeggiata e legata con le mani dietro la schiena, prima di portarla via. Silvia è stata portata via senza cellulare e passaporto su una moto verso una zona boschiva nei pressi del fiume Tana.
I primi arresti
Nei giorni successivi al rapimento si è aperta la difficile fase delle indagini e dei tentativi di arrivare ai rapitori. I primi arresti arrivano un paio di giorni dopo il sequestro: si tratta di 14 persone che non avrebbero fatto parte del commando ma che “potrebbero avere avuto contatti con il gruppo di sequestratori se non proprio esserne complici”. Vengono poi effettuati altri arresti: a finire in manette sono la moglie e il suocero di uno dei tre sospetti rapitori, di cui intanto vengono diffusi nomi e foto. Per incoraggiare i testimoni, viene promessa una taglia di oltre 25mila euro. Nei primi giorni dal rapimento, le autorità kenyote continuano a far trapelare fiducia: “Abbiamo quasi raggiunto i rapitori”, affermano il 26 novembre. “C'è ottimismo sulla liberazione di Silvia Romano", ribadiscono il 28 novembre, sostenendo che i rapitori sarebbero ormai "accerchiati" nella boscaglia.
La conferma che a Natale era ancora in vita
Passano i giorni ma la soluzione della vicenda, che sembrava vicina, non arriva. Il 26 dicembre notizie su Silvia Romano arrivano dalle forze dell’ordine kenyote. “È viva ed è ancora in Kenya”, assicura la polizia regionale escludendo che la ragazza sia stata portata nella vicina Somalia. Il comandante della polizia della costa Noah Mwivanda spiega di avere "informazioni cruciali" che lo confermano, ma che non si possono "rivelare". La conferma che la 24enne era sicuramente in vita a Natalearriva da un vertice avvenuto a Roma tra le autorità giudiziarie italiane e kenyote nel luglio del 2019: la ragazza sarebbe stata poi ceduta a un’altra banda di sequestratori. La conferma dell'esistenza in vita della giovane milanese fino al 25 dicembre 2018 viene dalle dichiarazioni fatte da due cittadini kenyoti arrestati il 26 dicembre in quanto ritenuti tra gli esecutori materiali del sequestro.
Trasferita in Somalia
Per mesi non trapela quasi nulla da parte degli inquirenti e del governo italiano. A fine settembre 2019 un articolo che cita fonti dei servizi italiani, afferma che la giovane, dopo il rapimento, sarebbe stata costretta all'islamizzazione e a sposarsi in Somalia con un uomo legato all'organizzazione che la terrebbe in ostaggio. Una ricostruzione smentita dagli inquirenti. Sempre a fine settembre, citando una fonte di intelligence, trapela che "Silvia è viva e si sta facendo di tutto per riportarla a casa”. Il 18 novembre viene confermata dagli inquirenti l’ipotesi che la 24enne sia in Somalia nelle mani di un gruppo islamico.
Il processo per i rapitori
Degli otto autori materiali del rapimento, cinque sono attualmente ricercati mentre due sono stati arrestati. Un terzo soggetto finito in manette, un cittadino somalo di 35 anni, trovato in possesso di una delle armi in quel villaggio, ha ammesso le sue responsabilità. Il processo per i tre rapitori, Moses Luwali Chembe, Abdalla Gababa Wario e Ibraiam Adam Omar, doveva tenersi a luglio ma è stato rinviato per due volte, la seconda perché Adam Omar, in libertà su cauzione e considerato l'uomo più pericoloso dei tre, non si è presentato all'ultima udienza, quella del 14 novembre. I giudici lo dichiarano “formalmente" latitante.
I dubbi e le incertezze
Restano ancora molti dubbi e incertezze. Non è ancora chiaro quando Silvia sia stata portata in Somalia: se subito dopo il rapimento oppure nei mesi successivi. I punti poco chiari sono molti. In primo luogo, se è vero che la giovane italiana è in Somalia, non si ha notizia di una rivendicazione in tal senso, e dopo un anno dal rapimento tutto ciò sembra essere inusuale. L'altro fattore: c'è stata una richiesta di riscatto? Se è vero che i committenti del rapimento sono gruppi jihadisti legati agli al Shabaab, rivendicazione e richiesta di riscatto per la liberazione della giovane italiana dovrebbero essere scontate.
Sulla vicenda le richieste di trasparenza all'esecutivo
Alcuni politici e membri di associazioni hanno chiesto a più riprese al governo di fare chiarezza. Pippo Civati, leader di Possibile, in un tweet scrive: "Credo sia doveroso che a un anno di distanza ci sia una comunicazione ufficiale del nostro esecutivo sulla situazione di Silvia Romano. Troppe le voci ufficiose, troppe le mezze verità, troppi i pettegolezzi”. Nino Sergi, fondatore e presidente emerito di Intersos e Policy Advisor di Link 2007, ha nuovamente fatto sentire la sua voce inviando una seconda lettera aperta al generale Luciano Carta, direttore dell'Aise, i servizi di intelligence esterni. “Dodici mesi sono tanti. A chi attende la sua liberazione sembrano interminabili. Non ho nessun titolo per parlare a nome di Silvia, ma quanto le scrivo esprime l'inquietudine e le preoccupazioni di molte persone per la sua liberazione e la sua vita"
Silvia Romano, 23 richieste di arresto e sequestro di beni in Somalia
A un anno esatto dal sequestro della giovane volontaria romana le autorità della Somalia hanno ordinato 23 arresti e il sequestro di beni nell'ambito dell'inchiesta.
A essere colpiti dai provvedimenti sono 23 tra pirati e jihadisti appartenenti all'organizzazione Al-Shaabab. A quanto si apprende sono stati raggiunti da misure preventive personali e patrimoniali in Somalia in relazione al rapimento della cooperante italiana sequestrata il 20 novembre scorso nel villaggio di Chakama in Kenya e attualmente, secondo quanto ricostruito anche dalla Procura di Roma e dai carabinieri del Ros, tenuta prigioniera dal gruppo terrorista affiliato ad Al Qaeda.
I 23 pirati, capi locali di al Quaida e mediatori, sono sospettati di aver organizzato e gestito il sequestro della cooperante italiana. Ad autorizzare le richieste di arresto e di sequestro di beni è stato il presidente della Alta Corte del South West State, da cui dipende una sezione specializzata anti pirateria che dallo scorso mese di luglio indaga sul caso e della quale fa parte, come esperto «onorario», anche un italiano, Mario Scaramella, da quasi dieci anni in Somalia dove insegna diritto pubblico.
Sarebbe stato proprio Scaramella a proporre le misure di prevenzione sui sospetti (uno dei quali sarebbe già detenuto a Baidoa). Contattato da giornalisti, Scaramella, che, prima di essere nominato docente alla South West State University e membro onorario della Alta Corte ha lavorato come assistente del procuratore federale della Somalia nella repressione della pirateria, si è limitato a dire: «Bisogna astenersi da commenti e dal fornire dettagli su una vicenda in corso, indagano le procure dei paesi coinvolti che spero assicureranno alla giustizia I criminali responsabili e gli sciacalli, mediatori senza scrupoli, che hanno speculato e speculano sulla vita di una ragazzina indifesa»