Prostituirsi non è mai un atto totalmente libero
Storica sentenza della Corte Costituzionale. Prostituirsi non è mai un atto totalmente libero e non può essere un lavoro.
Salva la legge Merlin. La Corte Costituzionale ha depositato le motivazioni della sentenza sul caso Escort per l’allora premier Berlusconi
«Oggi è una grande
vittoria per quanti si battono per la liberazione delle ragazze vittime
di tratta. Al Parlamento e al Governo diciamo: rendete più
dure le pene per magnaccia e clienti». Giovanni
Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Aveva
messo in piedi un’agenzia di intermediazione che organizzava
festini a base di ragazze nelle residenze
dell’allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. 26 giovani donne
selezionate per offrire prestazioni sessuali tra
il 2008 e il 2009 a uomini di potere in cambio di denaro. Era questo il
nuovo business di Gianpaolo Tarantini, ex
imprenditore barese fallito nella precedente attività di
commercio di protesi dentarie, e del suo braccio destro, la cosiddetta
“ape regina” Sabina
Beganovi, attrice tedesca di origine bosniaca. Niente a che
vedere, per i suoi difensori, con il reato di reclutamento e induzione
alla prostituzione previsti dalla Legge voluta dalla senatrice Lina
Merlin nel 1958.
Ma
la Corte Costituzionale conferma. “Prostituirsi
non è mai un atto totalmente libero” e
quindi agenzie di intermediazione e manager anche di escort vanno
puniti.
Un processo lungo dieci anni
Tutto
inizia nel 2009 con le registrazioni fatte da Patrizia
D’Addario durante i festini per il cavaliere, per
lo più organizzati da Tarantini e Beganovi.
L’ex escort barese racconta alla Procura di Bari delle serate
con numerose giovani escort della cosiddetta "scuderia
di Gianpi"
La
sentenza del 13 novembre 2015 dispone condanne per il reato di
reclutamento di prostitute: 7 anni e 10 mesi per Gianpaolo Tarantini
che procurava le giovani escort, un anno e 4 mesi per Sabina Beganovi;
3 anni e 6 mesi per Massimiliano Verdoscia e 2 anni e 6 mesi per il pr
milanese Peter Faraone, entrambi amici di Tarantini. Quattro
condanne e l'invio degli atti alla procura perché valuti se
contestare il reato di intralcio alla giustizia a Silvio Berlusconi
e quello di falsa testimonianza a cinque delle ragazze che
parteciparono alle 'feste eleganti'
nella Villa Grazioli di Roma e ad Arcore e che avrebbero mentito ai
giudici baresi.
Tarantini, nel corso del processo, nega che Berlusconi fosse
a conoscenza del fatto che le ragazze fossero escort. Si apre dunque un secondo
filone processuale.
Berlusconi viene indagato dai pm di Bari perché avrebbe
fornito a Tarantini, tramite
l'ex direttore de L'Avanti Valter Lavitola, gli avvocati, un lavoro e
centinaia di migliaia di euro per mentire sulla vicenda delle escort.
Il 16 novembre 2018 il gup dispone il rinvio a giudizio
dell’ex premier. Ma lo scorso 4 febbraio 2019, accogliendo
una richiesta della difesa, il giudice monocratico ha rinviato a dopo
le elezioni politiche il processo a Silvio Berlusconi. L’udienza
è rimandata al 17 giugno 2019, nell’ex sezione
distaccata di Modugno (Bari).
La legge Merlin non è incostituzionale. La conferma della Corte Costituzionale
Nel
dicembre del 2017, nel corso della prima udienza
del processo ‘Escort' davanti alla Corte
di Appello viene messa in discussione la costituzionalità
della legge Merlin. Il mestiere di Tarantini era ingaggiare
libere professioniste del sesso e non reclutare per indurre alla
prostituzione donne "spogliate dalla loro dignità e
libertà". Per questo i suoi avvocati sottopongono
ai giudici della Corte una eccezione sulla legittimità
costituzionale di parte della legge Merlin.
Le
escort individuate per le feste del cavaliere, maggiorenni e
consenzienti, rappresentano secondo i difensori una "figura
sociale completamente diversa dalla prostituzione da strada",
perché la "prostituzione volontaria è un
crimine senza vittime". Addirittura in questi sessant'anni,
il cambiamento sociale e i diritti conquistati dalle donne hanno
portato ad un "graduale passaggio in giurisprudenza
dell'oggetto della tutela, dalla moralità pubblica alla
libertà nell'esercizio del meretricio". E
perciò se la prostituta è libera di esercitare la
propria attività, ne è discriminata se non
può essere supportata da chi la ingaggi o da chi possa
pubblicizzarla.
Non
è così per il sostituto Procuratore generale di
Bari, Emanuele De Maria, che si oppone
alla eccezione di incostituzionalità di parte della Legge
Merlin sostenendo che "Chi si prostituisce in cambio
di denaro non lo fa mai volontariamente, ma anzi rinuncia alla propria
libertà all'autodeterminazione sessuale".
Perché nel sesso a pagamento chi paga decide anche
modalità e tempi delle prestazioni e non chi vende, tanto
meno in contesti di potere, nelle feste di alto bordo, in cui tutte le
donne selezionate dovevano garantire la massima riservatezza su luoghi
e persone coinvolte.
La mobilitazione delle femministe. "Penalizziamo papponi e clienti"
Nel
febbraio 2018 la Corte di Appello accoglie l’istanza dei
difensori, ritenendo legittimo un rinvio alla Consulta che
dovrà decidere sulla legittimità costituzionale
della legge Merlin nella parte in cui prevede la punibilità
del reclutamento ai fini della prostituzione anche quando si tratta di
donne che “scelgono liberamente e volontariamente di
prostituirsi”. Inizia in tutta Italia il movimento
di protesta di numerose organizzazioni femministe e associazioni
impegnate nella protezione delle vittime di sfruttamento della
prostituzione.
Facendo
appello alla Risoluzione Honeyball
del Parlamento europeo «una forma di
schiavitù incompatibile con la dignità umana e i
diritti umani” proponendo
l’adozione in Europa del modello nordico che punisce i
clienti e promuove programmi di fuoriuscita delle donne.
Attraverso
l’hashtag #iosonoLinaMerlin,
ripetono sui social e in convegni pubblici che la Legge Merlin non si
tocca perché ha abolito «lo sfruttamento
legalizzato dei corpi delle donne, penalizzando papponi e tenutarie e
privando gli uomini della totale legittimazione del loro essere
“clienti” ovvero stupratori a
pagamento dei corpi delle donne»
Il
5 marzo 2019 a Roma la Corte
Costituzionale si riunisce per decidere se è reato il
reclutamento e il favoreggiamento di prostitute volontarie. Otto
associazioni impegnate nella difesa delle donne chiedono di poter
essere ascoltate perché la prostituzione non sia considerata
un lavoro, tra cui la Rete per la parità,
Unione Donne in Italia (Udi),
Salute Donna, Differenza
Donna.
Non la vedono
così invece le fondatrici del Comitato per i diritti delle
prostitute che da 40 anni chiedono l’abolizione del reato di
favoreggiamento della prostituzione (che
è diverso da quello di sfruttamento) perché
causerebbe l’isolamento delle sex workers.
Se il lavoro sessuale è un lavoro come altri
perché non garantire la libera impresa di soggetti
consenzienti? E di essere supportate da manager e agenzie di
intermediazione.
La decisione della Corte. Punire chi agevola la prostituzione è legittimo
Con la sentenza n. 141
depositata il 7 giugno 2019, la Corte
Costituzionale spiega come vadano sempre tutelati i diritti
fondamentali delle persone vulnerabili e la dignità umana. I rischi insiti nella
prostituzione sono troppo alti, anche quando la scelta di prostituirsi
appare libera, rischi per l'integrità fisica e la salute cui
ogni donna, anche le escort, si espone nel momento in cui si trova a
contatto con il cliente. E rischio anche di non riuscire più
ad uscire da un sistema economico in cui il diritto del cliente
è al di sopra della possibilità di
autodeterminazione sessuale della donna, in quanto ha pagato.
Nella
Legge Merlin il soggetto debole del rapporto è la donna che
si prostituisce e per questo non è punita.
La Corte costituzionale ha spiegato che l'articolo 2 della
Costituzione, nel riconoscere e garantire i
«diritti inviolabili dell'uomo»,
si collega all'articolo
3, secondo comma, che impegna la
Repubblica a rimuovere gli ostacoli economici e sociali al «pieno
sviluppo della persona umana»
La prostituzione non rappresenta affatto uno strumento di tutela e di sviluppo della persona umana
La
libertà sessuale è un diritto che è in
relazione alla tutela e allo sviluppo del valore della persona,
e di una persona inserita in relazioni sociali. La prostituzione, però,
non rappresenta affatto uno strumento di tutela e di sviluppo della
persona umana. Né, secondo la Corte
costituzionale, viene violata la libertà di iniziativa
economica privata per il fatto di impedire la collaborazione di terzi
all'esercizio della prostituzione in modo organizzato o
imprenditoriale. Tale libertà
è infatti protetta dall'articolo 41 della Costituzionesolo in quanto non
comprometta valori preminenti, quali la sicurezza,
la libertà e la dignità
umana.
Esultano
le associazioni che tutelano le vittime di sfruttamento della
prostituzione tra cui la Comunità
Papa Giovanni XXIII impegnata dal 1996 al fianco delle donne
prostituìte che considera la decisione di ieri: «una
pietra tombale su ogni proposta di regolamentazione»,
come ha dichiarato il Presidente Ramonda.
Ma
sarà davvero finita l’era dei nuovi papponi
dell’industria del sesso? Se il Ministro
dell’Interno indifferente alle motivazioni date dalla Corte
Costituzionale, ma non al giro di affari di 4 miliardi di euro derivati
dalla prostituzione, ribadisce che “sarebbe meglio
riaprire le case chiuse come nei paesi civili”,
è troppo presto per cantar vittoria.