Maimuna, salvata dalla strada in un modo che fa piangere il Cuore
Picchiate
e torturate, un viaggio nell'orrore delle schiave del sesso
Maimuna, la sua è una
storia sbagliata che alla fine diventa giusta.
O per lo meno sopportabile, perché in
effetti "giusta" non può diventarlo
più. Non si sa ancora quanti anni abbia.
Ma presumibilmente, osservandola di notte in un sabato bagnato di
inizio ottobre, mentre tiene gli occhi bassi nel gigantesco parcheggio
di Perugia dove fino a pochi minuti prima si vendeva per trenta euro a
clienti bavosi, non arriva a diciotto. È sottile,
spaventata, piena di incubi e di freddo ed è evidente che
oramai considera la sua bellezza una complicazione sgradita.
Le
avevano detto sei carina,
ti portiamo in Italia e ti troviamo un lavoro. Con
gli occhi grandi che hai ci sarà la gara per farti fare la
baby sitter. O magari l’assistente parrucchiera. Farai i
soldi, aiuterai i tuoi. Gran posto l’Europa.
È
partita da Benin City la scorsa primavera.
Da tre mesi è costretta a "battere"
per ripagare un debito di 50mila euro che non sapeva neanche di avere
contratto. "O
ci dai i soldi o massacriamo la tua famiglia".
Intanto hanno
violentato lei, che in Italia è arrivata via
mare, passando dalla Libia e adesso vuole solo che tutto finisca prima
che il dolore la divori.
Maimuna
è diventata una delle centomila ragazze di strada vittime
della tratta e del racketche
si vendono per magnaccia, mamam, padroni, boss e padroncini, quasi
tutti controllati dalla mafia albanese, o da quella dell'est europa,
oppure da quella cinese, o da quella nigeriana, quest'ultima la
più forte e determinata tra tutte queste, da Torino a
Palermo, in tutta Italia.
Il
36% (più di un terzo)
di loro viene dalla Nigeriacome
la piccola Maimuna, il 22% dalla Romania,
il 10,5% dall'Albania, il 9%
dalla Bulgaria e il 7% dalla Moldavia.
Le restanti sono ucraine, o magari cinesi. Le
italiane
(che sempre più spesso lavorano in casa)
sfiorano appena l’1%. C’è
crisi per tutto, ma non per il commercio sessuale.
Importiamo ragazzine come se fossero divani o prosciutti. Le
statistiche del Rapporto Globale sul traffico di esseri umani,
unite a quelle del Ministero della Giustizia fanno impressione, ma non
bastano a far sì che lo Stato si muova.
Sul
tema della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento
sessuale il governo italianoè
purtroppo inerme, incapace di affrontare un problema che in
questi ultimi anni è decuplicato.
Sono nove milioni gli italiani che almeno una volta hanno
frequentano una prostituta, ovvero un italiano maschio su
tre,(compresi i bambini), un terzo di questi lo fa abitualmente, in
moltissimi lo fanno saltuariamente.
Allora
si muove l'associazionismo,
a partire dalla Comunità
Giovanni XXIII, di Rimini, quella fondata da don Benzi e che adesso si affida a
don Aldo Bonaiuto, un prete quarantenne che di don
Benzi era il braccio destro e che ogni fine settimana, da
quattordici anni, a mezzanotte si presenta al parcheggio di Pian di
Massiano, a Perugia appunto, per fare una cosa apparentemente
velleitaria, pregare.
Organizza
un grande cerchio con una trentina di amici,
frati, volontari e due o tre ragazze che negli anni
l’associazione ha portato via dal marciapiede, poi
accende il microfono per le Ave Maria. Prima però grida "Sisters,
sisters, sisters, come here",
come se stesse parlando con la notte. Invece parla alle nigeriane che
per mezz'ora lasciano la strada, escono dal bosco e dalle macchine e si
uniscono a lui cantando, arrivando alla spicciolata sotto gli occhi dei
papponi che guardano torvi da lontano. Stanotte sono otto. E
sembrano tutte bambine.
Maimuna
finisce per caso di fianco a Maleva,
che è fragile come uno spaghetto e di anni ne ha 22
e da poco più di dodici mesi vive in una delle case della
Giovanni XXIII. Anche lei viene da Benin City. Anche
lei è stata violentata in Libia dopo avere
attraversato il deserto nascosta sotto una coperta nel retro di un
pick-up.
"Poi
mi hanno chiusa in un compound assieme a centinaia di persone di cui
non capivo la lingua, finché un giorno ci hanno detto: correte
verso il mare, la barca vi aspetta. Ho sgomitato, mi sono
aggrappata a una corda, sono salita a bordo. Non c’era cibo,
non c’era acqua, solo il mare sterminato. Mi sono affidata a
Dio, finché una nave ci ha preso a bordo vicino a Lampedusa.
Mi hanno curato e dato da mangiare. E finalmente ho dormito. Poi
sono scappata verso Torino. Credevo che
là ci fosse il lavoro che mi avevano promesso. Invece
c’era solo la strada"
"Ci
devi 35mila euro. Se non ce li dai
indietro uccidiamo tua sorella piccola".
"Piangevo.
La mamam, la donna che ci controllava in casa, mi ha insultato
pesantemente prima di aggiungere: che piangi a fare, a tutte noi
è andata così. Pensavo che volevo morire. La
morte non poteva essere peggio di quello schifo. Ma è
arrivato don Aldo, il mio nuovo papà. E con lui Marina, la
mia mamma. E ho trovato nuove sorelle e nuova speranza. Così
non voglio più morire"
È
questa la storia che racconta a Maimuna ed è come
se le stesse dando dell’acqua dopo la traversata del Sahara.
Anche don Aldo parla con la bambina. "Vuoi che qualche pazzo di strada
distrugga la tua vita? Vuoi davvero stare dentro questo orrore? Vieni
con noi. Ti proteggiamo. Ti diamo un lavoro. Ti facciamo vedere che
l’Italia può essere anche un bel posto"
Lei,
Maimuna, ha sul viso
un’espressione molto compresa, perché sa che ogni
errore le può essere fatale.
Pensa. Guarda per terra. Prende il cellulare. Si allontana dicendo, "ho
un debito, come posso fare?".
Chiama la mamam, è prigioniera. Quella le dice:
"torna
subito qui".
Ed è come se la paralizzasse. "Che
succede alla mia famiglia?",
chiede Maimuna a don Aldo. "Sanno
che sei in strada?".
"No".
"Non
succederà niente a loro e se vieni con noi potrai chiamarli
per raccontare che va tutto bene".
Sono tante quelle che la Giovvanni XXIII ha salvato, salvato
sì, ma tante sono scappate. E quando scappano è
difficile che finisca bene. "Che
cosa vuoi fare piccola Maimuna?"
I
bordelli olandesi
.. Succede
raramente che una ragazza dica di sì.
Però succede. "È
la nostra pesca miracolosa",
dice don Aldo, che nel pomeriggio era seduto in una delle sue case
protette per spiegare ancora una volta la guerra che combatte ogni
giorno. "Abbiamo
fatto anche una campagna pubblicitaria. Si chiama “Questo è il mio corpo”,
perché il racket della prostituzione viola la
dignità umana e i clienti sono complici. Quando sento
parlare di ritorno alle "Case Chiuse" mi viene la
pelle d’oca. È gente che dice le cose senza sapere
niente. Assieme alle organizzazioni criminali dobbiamo punire i clienti".
Tu
sei un prete cattolico don Aldo, è ovvio che parli cosi.
"Lo
sono. Ma sono soprattutto una persona che cerca una risposta pratica. E
guardo quello che succede nel resto del mondo".
Cita i dati del Dutch Policy on Prostitution, osservatorio
di Amsterdam: il
75% delle donne presenti nei bordelli olandesi e
tedeschi è lì contro la propria volontà.
"Non
è un caso se Germania e Olanda sono in testa alle
classifiche della tratta".
E poi racconta i casi di Svezia, Finlandia, Norvegia, Islanda, Irlanda
del Nord e Francia dove il "modello nordico"
punisce anche il
cliente con multe salate. "In
Svezia la prostituzione è diminuita del 65%, in
Norvegia del 60%. Anche l’opinione pubblica che prima vedeva
la multa come una violazione delle libertà personali oggi ha
cambiato idea. Noi in questi anni abbiamo accolto più di
settemila ragazze. Ottocento in questa casa. Credi che ce ne fosse
anche solo una che si vendesse per scelta? Ma non importa che tu creda
a me. Importa che tu parli con loro".
Loro, che in casa vivono come si fa nelle famiglie. Condividendo il
cibo, le fatiche domestiche, i tentativi di rinascere,
l’impossibilità di dimenticare.
L’orecchio
strappato
.. Ci sono le ragazze nigeriane. E ci
sono le ragazze dell’est. Nadia
viene dalla Romania
e porta i capelli legati in uno chignon che le lascia scoperte le
orecchie. Una gliel'hanno dovuto ricostruire, quella destra. "Me
l’hanno strappata con una pinza".
Ha gli occhi mobili, inquieti. Anche se deve raccontare un incubo che
ha quasi dieci anni. Era appena diventata maggiorenne. "Due
persone che allora consideravo amiche, anzi parenti, sono venute a casa
e mi hanno detto: in Italia c’è
l’opportunità di guadagnare. Pensavo di venire a
fare la baby sitter. Mi hanno sbattuta in strada. Con violenza. Io mi
prostituivo e loro mi controllavano. Un giorno non ce l’ho
fatta più. Volevo smettere e loro mi hanno picchiata
selvaggiamente. Con un bastone. Dopo avermi strappato
l’orecchio con le pinze e i capelli a mani nude. Me li hanno
portati via a ciocche"
Le
hanno bucato un polmone, rotto tre costole, spaccato le ginocchia.
Ma quella sera stessa l’hanno costretta a tornare a vendersi.
Le ferite alle ginocchia le hanno chiuse con del nastro adesivo. Era
più morta che viva. Ma un cliente l’ha caricata
ugualmente. È svenuta. A quel punto le sue compagne hanno
chiamato la polizia. Quando l’hanno fatta uscire dalla
macchina rantolava. All'ospedale i medici hanno detto solo: "Pochi
minuti ancora e ci restava secca".
Oggi anche lei va in giro per strada con don Aldo a parlare con le
connazionali. E a farle ragionare è la più brava
di tutti. "È
una cosa che dà un senso alla mia vita. Ma se devo andare in
giro in città per conto mio preferisco ancora di no".
È bella e ferita. Si alza per preparare la cena.
La
storia di Ivana è diversa solo in
qualche dettaglio.
La mamma alcolizzata, la vita con la nonna, la promessa di un lavoro,
le botte e le lacrime. "Mi
ha portata in Italia un’amica d’infanzia. Mi
facevano prostituire a Lido di Savio minacciando di ammazzare mia
nonna. Ed è lì che un signore mi ha tolto dalla
strada e mi ha fatto arrivare a Rimini".
È costretta a portarsi dietro questa amarezza strisciante
chissà fino a quando, ma giorno dopo giorno la sua vita
prende una forma diversa.
Sono
le dieci di sera.
Don Aldo è pronto alla partenza per Perugia. Ivana guarda
Maleva. "Forza,
che è ora di andare".
E lo dice con un’ombra di tenerezza intorno alla bocca.
La
scelta di Maimuna
.. Perugia è divisa in due zone. Da una
parte le bianche, dall'altra le nere. Don Aldo si ferma prima dalle
bianche, parla con loro, mentre i magnaccia gli accendono addosso i
fari. Le ragazze dicono: "È
uno squallore, ma dobbiamo pagare l’affitto, mantenere il
bambino",
sono turbate, sbrigative, tristi, ma nessuna di loro rifiuta il numero
della Giovanni XXIII. "Chiamerai?".
"Chi
lo sa".
La
prossima settimana i volontari dell’associazione torneranno
e, conoscendo in anticipo l’inarrivabile bellezza dei volti
mai visti, se non troveranno loro parleranno con le colleghe. Intanto
don Aldo sale a Pian di Massiano, la preghiera
inizia, le nigeriane arrivano, e Maleva
parla con Maimuna, che lì per
lì si accontenterebbe banalmente di un luogo dove sia
possibile sparire, ma che adesso pensa che forse esiste qualcosa di
più. Don Aldo le dice ancora: "Dai
vieni".
Lei
risponde d’istinto: "Va
bene, portatemi via"
con la voce sottile. Apre
il cellulare, toglie la scheda che consente alla mamam di controllarla.
Due papponi la guardano male, ma c’è troppa gente
per intervenire. Maleva
le apre lo sportello.
E prima di farla salire l’abbraccia.
Maimuna
è salva, ha scelto la libertà