Indagine europea. Sempre più Africa
Una forte crescita demografica, una maggiore integrazione nell'economia mondiale, una più accentuata alternanza politica alla guida degli stati.
Lo rileva un rapporto dell’Istituto dell’Unione europea degli studi sulla sicurezza.
I politologi dell’Istituto dell’Unione europea degli studi sulla sicurezza, coordinati da Valérie Arnould e Francesco Strazzari, hanno elaborato uno studio sul continente africano per valutarne l’evoluzione nel breve periodo.
Tre fattori su tutti.
- Il dinamismo demografico conferirà all'Africa un ruolo sempre più rilevante sulla scena mondiale: entro il 2030 gli abitanti saranno 1,7 miliardi (oggi sono 1,2), superando quelli di Cina e India.
- Continuerà ad accentuarsi l’integrazione del continente nell'economia mondiale.
- Si attenuerà, senza cessare del tutto, la tendenza dei gruppi dirigenti politici a mantenere il potere per lunghi periodi (a prescindere dalla durata del mandato stabilita dalla varie Costituzioni statali)
L’esplosione demografica può minare la stabilità economica e sociale se, in un contesto di rapida urbanizzazione, non si danno risposte alle attese dei giovani in termini di lavoro. Considerato che già oggi il 40% della popolazione ha meno di 15 anni, è piuttosto improbabile che nel prossimo decennio le economie africane siano in grado di assorbire il flusso di giovani che entrerà nel mercato del lavoro.
Si sa che i giovani disoccupati sono più esposti alle sirene dei movimenti radicali. Ma, secondo lo studio, gli stati devono evitare di agevolare questo processo, qualificando come “terrorista” qualsiasi movimento di contestazione.
Nel 2011, quando fiorirono le primavere arabe in Nord-Africa, i giovani giocarono un ruolo determinante nell'innescare il cambiamento, anche se poi gli avvenimenti hanno preso ben altra piega. Si prospetta un deficit di coesione sociale difficile da affrontare, soprattutto perché in molti paesi le entrate fiscali sono troppo contenute per finanziare meccanismi di redistribuzione del reddito.
La spinta demografica avrà ripercussioni sui flussi migratori inter-africani e verso l’Europa. Per far fronte a questa sfida, i paesi africani dovranno dotarsi di leggi per regolare l’impiego all'estero della manodopera in eccedenza e favorire modelli di migrazione circolare, che prevede l’integrazione nel contesto europeo, ma anche una reintegrazione nel paese d’origine.
Anche l’accaparramento delle terre minaccia di creare nuovi conflitti. L’Africa rappresenta oggi il 42% delle transazioni fondiarie nel mondo. Per quanto riguarda l’acqua, le falde sono iper-sfruttate sia nel nord che nell'est del continente, mentre le risorse ittiche dell’Africa occidentale risentono dell’attività crescente delle flotte di pescherecci asiatici ed europei. Sia chiaro, la pressione sulle risorse terra e acqua proviene non solo dalle multinazionali, ma dalle stesse élite africane.
Ne consegue che la sovranità alimentare del continente è destinata a ridursi. La Banca africana di sviluppo stima che le importazioni alimentari, oggi intorno ai 35 miliardi di dollari l’anno, arriveranno a 110 miliardi nel 2025.
Il rapporto prefigura anche spettacolari cambiamenti sul piano tecnologico. Nell'arco di tre anni, metà degli africani possederà uno smartphone e il ricorso ai pagamenti tramite sms sarà generalizzato. Di conseguenza, anche la cyber-criminalità sarà in crescita.
Infine non ci sono dubbi che il terrorismo jihadista, i conflitti tra gli stati e l’instabilità interna di molte nazioni fanno da richiamo a missioni Onu, all'intervento di forze militari Usa e Ue (come si vede nel Sahel) e spingono anche Cina, Russia e Turchia a costituire basi militari nel continente.
Una forte crescita demografica, conflitti interni e il continuo accaparramento di terre da parte di potenze straniere sono i maggiori fattori di rischio per l'Africa nei prossimi anni. Già oggi il 40% della popolazione è al di sotto dei 15 anni e sarà costretta a migrare per cercare lavoro se l'economia del vecchio continente non si integra ancora di più nell'economia mondiale e non ci sarà una più equa distribuzione della ricchezza. |