Thomas Sankara. Quel giorno uccisero la felicità
Il 15
ottobre 1987
fu un giorno triste per l'Africa.
Ma, a pensarci bene forse lo fu per il mondo intero.
Quel giorno infatti, alle 16.30 a Ouagadougou, la capitale del Burkina
Faso, un piccolo e insignificante stato dell'Africa Centro-Occidentale,
fu ucciso Thomas
Sankara,
che di quel
paese era il Presidente dal 4 agosto 1983.
Thomas Sankara, per molti il "Che Guevara d'Africa", era un uomo semplice e
forse proprio per l'apparente semplicità delle sue idee e
dei suoi comportamenti divenne scomodo, tanto, troppo fino ad essere
ucciso.
La
sua semplicità stava nell'essere prima che un leader e un
Presidente,
un uomo di strada, che amava girare per il suo paese e che osservava
quello che capitava, non dal vetro oscurato di un'auto di lusso, ma
dalla sua bicicletta o dal vetro infangato di una vecchia Renault 6. I
suoi pensieri erano talmente semplici, che furono e sono, ancora oggi,
rivoluzionari.
Pensare
che la politica non può essere fonte di privilegi,
di arricchimento personale o di posizioni di potere per se, per la
famiglia e per gli amici, appare quasi banale. Per lui era
normale. Rinunciò alle auto di rappresentanza e
agli autisti, rinunciò alle scorte e rispedì al
mittente un aereo presidenziale donatogli dal Presidente francese.
Affermava
che non si poteva essere la classe dirigente ricca di un paese povero.
Dire che la felicità del proprio popolo è un
dovere per chi lo governa, ed essa si ottiene certo con un piatto di
riso per tutti e dell'acqua potabile, ma anche attraverso maggiori
diritti, dignità e più tempo libero sembra
scontato. Per lui fu un imperativo.
Pensare
che le donne,
oltre ad avere pari diritti, sono le veri interpreti
di qualsiasi rivoluzione culturale e che ogni forma di violenza nei
loro confronti è una sconfitta per l'Umanità
è oggi un'affermazione quasi unanimemente accettata. Per lui
fu un motivo che accompagnò i suoi anni di presidenza e che
lo portò a scontrarsi con forza con antiche e complesse
tradizioni.
Lottare
affinché l'ambiente, la lotta
alla desertificazione e la disponibilità
di acqua potabile per tutti, non sia solo una chimera, ma il
reale intento delle politiche pubbliche appare a tutti come una cosa
auspicabile. Lui
di questo fece la sua battaglia quotidiana.
Essere
convinti che qualsiasi progresso non può prescindere da una
diffusa educazione e formazione per tuttie
che la conoscenza sia il motore dello sviluppo appare oggi
scontato anche quando non è applicato. Per
Sankara la lotta all'analfabetismo e l'emancipazione
del suo popolo rappresentava quasi una ossessione.
La
rivoluzione di Sankara,
le sue idee e i suoi comportamenti affondavano le radici proprio in
quel quotidiano e diffuso sentire che appartiene agli uomini che non
devono mettere in mostra il proprio potere, ma fanno delle idee, della
partecipazione e appunto della semplicità il loro massimo
punto di forza.
La
stessa semplice logica che portò Sankara
ad un aspro contrasto con le grandi potenze, con le Istituzioni
Internazionali e con coloro i quali avevano ideato forme di dipendenza
economica nei paesi che fino a poco prima erano semplicemente colonie.
La
sua lotta lo portò a criticare aspramente le politiche
economiche della Banca Mondiale,
del Fondo Monetario e delle Agenzie
mettendosi a capo di uno sparuto gruppo di paesi "poveri"
(e
socialisti)
che volevano rinegoziare, quando non pagare, il debito pubblico
accumulato attraverso forme di ricatto e di politiche scellerate
indotte da altri, e in questo fu memorabile il suo "discorso
sul debito" alle Nazioni Unite del
4 ottobre 1984-
guarda il video -
Questo
era troppo. Fu
facile poi trovare nella cerchia degli amici più stretti il "giuda"
che fece premere il grilletto e pose fine alla giovane vita di Thomas. Quel
traditore ha governato fino allo scorso anno-
leggi -
(da Sankara, Blog sull'Africa)Articolo di Gianfranco della Valle
Il sole rosso
della stagione delle piogge scende lentamente dietro le palme del
complesso detto "l'Intese"
a Ouagadougou. Dietro le barriere, un pugno di case bianche, un salone
delle conferenze di cemento armato e vetro.
Giovedì
15 ottobre 1987,
ore 16 e trenta, una colonna di piccole auto Renault
6 nere, lascia la strada asfaltata, svolta sulla pista di terra rossa,
entra nel recinto. Nella sala deve iniziare la sezione straordinaria
del Consiglio Nazionale delle rivoluzione del Burkina. I sicari sono
appostati nelle prime case, vicino alla barriera d'entrata e nei
cespugli che costeggiano il sentiero.
Una granata dilania l'auto
di testa. Paulin Bamoumi, addetto
stampa della presidenza, Frederic Ziembie, consigliere giuridico, sono
uccisi sul colpo. Thomas Sankara e nove guardie riescono a rifugiarsi
nel padiglione più vicino. Appiattiti a terra nel corridoio
reagiscono. Ma il padiglione è accerchiato.
Una
granata viene buttata all'interno.
Sankara,
ferito dice: "È inutile.
Vogliono me".
Si
alza. È sereno. Si dirige verso la porta.
Una raffica di kalashnikov crivella il suo corpo. I sicari assaltano il
padiglione e sparano su tutto ciò che vive. Per molti dei
colpiti l'agonia è lunga. Sankara
agonizza per più di quaranta minuti nella polvere rossa del
sentiero. Il suo sangue si mescola alla terra.
La vittoria dei vinti (Edizioni
Sonda, 1992)
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È
di un mese fa il tentativo cruento di un colpo di
stato che avrebbe voluto ripristinare il regime dittatoriale
di Blaise Campaoré (attualmente
in esilio, ospite di riguardo della Costa d'Avorio). Per
fortuna quel tentativo è fallito, e ha vinto di nuovo la
voglia di auto-determinazione, di riscatto e di libertà del
popolo del Burkina Faso -
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Recentemente
è stata approvata
da tutte le forze politiche in campo una nuova costituzione
che porterà molto presto ad un governo democratico, nello
spirito di Thomas Sankara a 28 anni dal suo
assassinio.