La cooperazione europea in Africa è in crisi
La Cooperazione allo sviluppo in Africa, all'Unione Europea interessa poco.
Cooperazione italiana in Kenia (Meru Herbs Italia Onlus) |
Un rapporto di Global Health Advocates passa ai raggi X il fondo fiduciario da 3 (tre) miliardi di euro costruito dall'Unione Europea per intervenire sulle radici dell'immigrazione. E scopre che questo strumento, costituito per sostenere la cooperazione allo sviluppo, in realtà è usato solo per bloccare la partenza dei migranti dai paesi di origine.
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«Le agenzie europee per la cooperazione allo sviluppo gestiscono i loro progetti senza coinvolgerci. Si comportano come se non esistessimo. I Paesi che fanno partnership con le nostre autorità sulla gestione dei flussi migratori devono capire che non si possono ottenere risultati se non si coinvolge la gioventù locale, se non coinvolgono noi». Parola di 15 sindaci della regione di Agadez, in Niger, intervenuti in una conferenza stampa convocata per denunciare proprio quello che non funziona nel rapporto con le istituzioni europee.
Migranti nel deserto del Niger |
La Global Health Advocates, ONG Internazionale che si occupa di sostenere politiche sanitarie nei Paesi in via di sviluppo, ha analizzato lo strumento economico principale della cooperazione Africa-Europa: il Fondo fiduciario (Trust Fund) da 3 (tre) miliardi lanciato al Summit di La Valletta tra Europa e Africa nel novembre 2015.
Gli sprechi della cooperazione allo sviluppo europea
Il risultato di 45 interviste ad alcune delle principali agenzie coinvolte nel fondo fiduciario in Niger, Senegal e Bruxelles è chiaro: il fondo così come è stato concepito serve solo all'Europa. Non c’è traccia di investimenti per combattere le reali cause dell’immigrazione: i problemi sanitari, la disoccupazione, la fame, la carestia.
Composizione del fondo fiduciario (Fondo di sviluppo Ue, bilancio Ue, Stati membri, altri donatori). Dal report “Misplaced Trust” di Global Health Advocates.
«Usando i soldi degli aiuti allo sviluppo come merce di scambio per forzare la collaborazione dei paesi africani sulle questioni migratorie, l’UE sta macchiando la propria immagine di attore di primo piano delle politiche di cooperazione e sviluppo» |
I fondi servono subito, e con trasparenza
Secondo la ONG Internazionale, il fondo è costruito per rispondere solo a un’esigenza: sbloccare velocemente i fondi che servono per contrastare i flussi migratori. Il risultato però è un’enorme carenza in termini di tracciabilità e di trasparenza, tanto che i soldi vengono allocati spesso senza bandi, con chiamata diretta.
Già un’altra inchiesta, Diverted Aid, aveva sottolineato come i principali destinatari dei fondi fossero le agenzie che si occupano di sicurezza e di formazione, invece delle ONG che si occupano di sviluppo in senso stretto.
Il problema è che gran parte dei 3 miliardi di cui è composto il fondo fiduciario provengono appunto dalle casse della cooperazione europea. E gli Stati membri, gli altri grandi contribuenti del fondo, sono restii a mettere quanto dovrebbero. L’Italia è tra le poche eccezioni, visto che è uno dei Paesi che più ha lavorato per costruire questo strumento finanziario.
Cooperazione Africa-Europa: manca una strategia
Secondo gli intervistati dalla Global Health Advocates non c’è alcuna regia nell'uso dei soldi del fondo. Per questo, tra le raccomandazioni del rapporto alle istituzioni europee c’è «non rifinanziare il fondo finché non verranno rivisti i suoi principi di efficienza»
Secondo gli intervistati, inoltre, gli obiettivi prefissati sono stati pensati a tavolino e, per questo, inutili. Questo strumento finanziario, infatti, è finalizzato a ottenere obiettivi a breve termine, in grado di inserirsi nella narrazione dell’Unione Europea che si sta dando da fare per gestire la “crisi migratoria”, ma sul piano delle soluzioni durature, a lungo termine, per la Global Health Advocates non porterà ad alcun risultato.
Le cause dell’immigrazione al fondo europeo non interessano
Tra gli obiettivi dichiarati del "Trust Fund" c’è quello di contrastare le ragioni profonde che provocano l’immigrazione. Ma un esempio fornito in un’intervista da un operatore di una ONG Internazionale a Dakar, però, smonta questa idea.
«Non abbiamo mai sentito da nessun abitante dei villaggi dove abbiamo diagnosticato casi di malnutrizione il desiderio di spendere soldi per migrare» |
Concepire l’idea di lasciare il proprio Paese è un lusso. Spesso chi emigra ha delle aspirazioni di migliorare la propria vita. Chi è troppo impegnato a cercare di sopravvivere, invece, non può costruire progetti migratori.
Infatti il fondo è uno strumento che si applica in aree instabili, con istituzioni politiche fragili, ma dove non necessariamente ci sono guerre in corso. E forse per questo c’è chi sogna una vita migliore, spinto non solo dalla disperazione ma anche da una legittima aspirazione. Il messaggio del rapporto è chiaro: l’immigrazione non può essere uno strumento per fare propaganda politica. Altrimenti i “benefici” che si ottengono nel breve termine, diventeranno un problema sul lungo periodo. E la cooperazione rischia così di rimanere senza risorse economiche a disposizione.